Fu eletto senatore nel collegio di Civitavecchia. L’elezione venne rinnovata nel
1968, nel collegio di Velletri. Nel 1967, intanto, insieme con Paolo Cinanni, ave-
va fondato la Filef (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie), con cui
cominciava il suo impegno a favore degli emigrati, in gran parte meridionali.
Era il suo modo di stare, ancora una volta, dalla parte dei “contadini”. Né per
questo si interrompeva o subiva ritardi la sua attività di pittore, che, anzi, me-
glio e più organicamente si collegava con i suoi orientamenti sociali e civili. Sue
mostre venivano organizzate a Torino, Roma, Firenze, Mantova, Matera e Lori-
ca. Qualche rallentamento, invece, subiva la scrittura, forse perché richiedeva
maggiore concentrazione e quiete.
Nel 1972 si presentava candidato per il Senato nel collegio di Roma e in Sici-
lia; ma non veniva rieletto. Ciò dovette amareggiarlo non poco. Amarezza ben
più grave, tuttavia, gli venne, nel dicembre del 1972, dall’essere stato colpito
dal distacco della retina oculare e costretto, quindi, a due interventi chirurgici.
La sua attività artistica e letteraria, naturalmente, veniva decisamente compro-
messa. Nel 1974, sentendosi malato e stanco e, forse, prossimo alla fine, volle
quasi fare un ulteriore bagno nel suo passato e tentare una forma di recupero
del tempo perduto. Fu in Lucania Basilicata, per presentare la cartella delle set-
te litografie, ispirate al Cristo si è fermato a Eboli, che rimaneva il suo orgoglio
maggiore. Non si sottrasse a fatiche di alcun genere, in quei giorni; ma poco
dopo, il 4 gennaio del 1975, si spegneva in una clinica romana, per polmonite e
successive complicazioni cardiocircolatorie.
Il 26 gennaio veniva sepolto ad Aliano, il paese del suo confino, nella cui realtà
“fuori del tempo” si era specchiato, si era ritrovato e si era riconosciuto. Po-
stumo, nel 1979, usciva il volume Quaderni a cancelli, che, scritto in poche set-
timane e in condizioni di quasi totale cecità, nulla aggiungeva al suo prestigio
di scrittore e di intellettuale, che aveva accompagnato la storia d’Italia per oltre
cinquant’anni, mai venendo meno a quella “morale della libertà”, che aveva ap-
preso, nella lontana gioventù, da Gramsci e Gobetti.
(a cura di Giovanni Caserta, da G. CASERTA, Nuova introduzione a Carlo Levi,
Venosa, Osanna, 1996)